Quando si parla di mutui, il tasso fisso è di certo la prima scelta degli italiani. Eppure dal 2015 l’indice Euribor – ovvero quel valore di riferimento che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche europee e che serve per il calcolo dell’indicizzazione dei mutui ipotecari a tasso variabile – viaggia in terreno negativo. La netta predilezione nella scelta dei mutui a tasso fisso è legata alla certezza di non vedersi variare la rata nel corso del tempo. Ora, però, il quadro sta cambiando e i mutuatari potrebbero optare per quella che era considerata da sempre la seconda scelta.
Rispetto a un anno fa lo scenario è decisamente cambiato. Con la crescita dell’inflazione nell’Eurozona, i tassi Irs – che vengono sommati allo spread deciso dalla banca per ottenere il tasso fisso da applicare al mutuo – dopo aver toccato i livelli minimi sono risaliti e questo ha spinto in alto il tasso fisso applicato dalle banche. Di contro, negli ultimi 10 mesi il variabile è sceso. Così il differenziale tra i due tassi è cresciuto del 70%.
Ad oggi, sottoscrivere un mutuo a tasso fisso comporta accettare un tasso di oltre l’1% rispetto al variabile. I mutuatari sanno che scegliendo il variabile vanno incontro a un aumento dei tassi, ma molti cominciano a capire che i rialzi dovrebbero essere lenti e graduali, confortati dalle parole del governatore della Bce, Mario Draghi.
Le previsioni sull’andamento dell’Euribor a 3 mesi recitano, inoltre, che l’attuale tasso variabile andrà ad eguagliare l’attuale fisso solo fra cinque anni.
Ecco, dunque, che tutti questi fattori messi insieme potrebbero spingere il mercato a ribaltare quello che sembrava uno scenario da sempre scontato.
Fonte: Idealista.it